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IL METODO DEL CONSENSO
un metodo decisionale morbido per gruppi forti (9/10)
(di Roberto Tecchio)
PASSAGGI CHIAVE DELLA PROCEDURA.
Problemi, blocchi decisionali e “veto”.
Durante il procedimento ci si trova di fronte diversi tipi di problemi che può essere utile inquadrare allo scopo di riconoscerli e gestirli adeguatamente.
Riguardo a una proposta oggetto di decisione ci possono essere per esempio osservazioni che puntano a dei miglioramenti: si è sostanzialmente d’accordo con la proposta, ma si ha un’idea per migliorarla. Altre volte ci possono essere delle perplessità in merito a una proposta: più che di un vero disaccordo si tratta di dubbi o riserve.
Questo tipo di problemi si possono affrontare con una discussione più approfondita (facilitata da tecniche adeguate) e, scaduto il tempo, è probabile che si trovi un accordo consensuale, a meno che i “miglioramenti” o le “perplessità” non si siano trasformati in disaccordo. Infine possiamo trovarci di fronte a un disaccordo verso la proposta, più o meno forte, ma comunque esplicito e chiaro: qui il problema sollevato è tale per cui la parte avversa (una persona o una minoranza) è contraria alla proposta (tutta o in parte). In questo caso bisogna consentire alla parte avversa di provare la validità o “legittimità” del disaccordo:
Problema legittimato/non legittimato: quando il disaccordo è tale da portare a un blocco della decisione, tale blocco per potere avvenire dentro una cornice consensuale deve essere in qualche misura riconosciuto dal gruppo nel suo insieme. Questo riconoscimento è definito da alcuni autori come legittimazione. La legittimazione avviene quando la parte avversa convince che la decisione che si sta per prendere è veramente dannosa per il gruppo o in contrasto con i suoi principi fondanti. In assenza di ciò abbiamo un “problema non legittimato”, dove la parte avversa non può mai bloccare la decisione del gruppo (potere di veto), a meno che il gruppo non abbia altre ragioni per farsi bloccare.
Di fronte a situazioni di disaccordo si aprono quindi due possibilità:
- il gruppo alla fine riconosce la validità del problema sollevato, per cui qui e ora ci si trova di fronte un problema legittimato che blocca la decisione;
- il gruppo alla fine non è convinto (né a sua volta riesce a convincere la parte avversa) per cui il problema sollevato non è legittimato e il gruppo può procedere nella decisione che intendeva prendere inizialmente (che dopo la discussione potrebbe anche risultare in parte modificata), lasciando alla parte avversa la decisione di cosa fare, che per esempio potrebbe essere lo “stare da parte”.
Stare da parte:
accettare che una decisione venga presa dal gruppo nonostante vi sia un convinto disaccordo. Ciò implica, oltre all’esplicitazione delle ragioni del disaccordo, anche l’esplicitazione della posizione che la parte avversa prenderà rispetto alla decisione e al suo impegno nel sostenerla. Quindi la parte avversa potrebbe legittimamente dichiarare di non supportare (in modo parziale o totale) la particolare decisione che il gruppo sta per prendere, ma comunque senza arrivare mai a boicottare la decisione del gruppo di cui, consensualmente, continua a far parte.
Come si esce da una situazione di blocco decisionale?
Con molta, molta fantasia, pazienza e fiducia. Gli esperti ci ricordano, provocatoriamente ma saggiamente, che di fronte a un problema che al momento appare senza soluzione “esistono almeno altre sette possibilità” che non sono state esplorate dal gruppo. Ci vogliono dunque fantasia, creatività, intelligenza, ma non solo, anche la capacità di stare positivamente nella stanchezza, nella frustrazione, nell’irritazione.., insomma, la capacità di stare positivamente nel disagio. La fantasia ha bisogno della fiducia e della pazienza, perché in un clima di forte risentimento, di reciproche accuse e di paura, il tempo e le energie sono investiti per distruggere e non per creare. La paura è il vero grande blocco.
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