Ci risiamo, l’ennesima “scandalo” giudiziario campeggia su tutti i giornali, questa volta il principale indagato (ci vuole sempre un VIP protagonista) è Guido Bertolaso, dal 2001 direttore del dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La cronaca giudiziaria, come al solito, ha dato l’avvio ad una serie di analisi ed editoriali, alcuni più interessanti, altri meno. Cito due esempi, ce ne sono a migliaia, la relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del procuratore generale della corte dei conti Mario Ristuccia e l’editoriale di Ernesto Galli della Loggia pubblicato sul Corriere della Sera del 17 febbraio: “La corruzione e le sue radici”.
Voglio permettermi di dare un piccolo contributo a questo dibattito, forte dell’esperienza di dipendente di un’azienda che sta morendo, Tributi Italia, a causa non di leggi economiche spietate o di capricci del destino o delle piazze finanziarie, ma del sistema che l’editoriale di Galli della Loggia ben descrive.
Sì, volevo semplicemente sottolineare che la corruzione che esiste nel paese CI RIGUARDA, che la mancanza di controlli da parte della pubblica amministrazione CI RIGUARDA, che quella della corruzione non è una partita che riguarda solo i soliti protagonisti politici o della magistratura, riguarda tutti noi, il nostro lavoro, la nostra vita, in quanto tutti noi non lavoriamo ‘solo’ per avere di che vivere, ma anche per realizzarci come persone, per dare senso alla nostra vita.
Non possiamo quindi rassegnarci a questa situazione, pensare che sia ineluttabile, nell’ordine delle cose, che non può che essere così, occorre una presa di coscienza, un mettersi in discussione.
Io ho lavorato e lavoro ancora per un’azienda che rischia di far mancare alle amministrazioni per le quali doveva riscuotere i tributi centinaia di milioni di euro. Che non è un concetto astratto, perché l’amministrazione non è un concetto astratto: significa che in quei comuni le mense dovranno aumentare i buoni pasti, che in quei comuni aumenteranno le rette degli asili nido, delle scuole dell’infanzia, che diminuiranno i soldi a disposizione dei servizi sociali per alleviare le sofferenze delle persone in difficoltà, delle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
In questa stessa azienda, esponenti della proprietà hanno dichiarato al fisco centinaia di migliaia di euro l’anno di guadagni, i dirigenti sono pagati decine di migliaia di euro al mese. Cosa giustifica questi stipendi? Forse il merito? I risultati?
Una commissione del ministero delle finanze doveva controllare l’operato di questa azienda, come di tutte quelle iscritte all’apposito albo, una commissione costituita di parlamentari, persone elette per servire i cittadini italiani. Saranno chiamate a rispondere delle loro responsabilità?
Purtroppo Tributi Italia non è un eccezione nel sistema italiano.
Il rischio è che ci assuefacciamo a tutto, che con l’alibi del ‘bisogna pur portare lo stipendio a casa’ giustifichiamo ogni cosa, innanzitutto la nostra pigrizia: pigrizia a farci delle domande, ad opporci quando vediamo cose che non vorremmo vedere, a confrontarci con i colleghi, magari per constatare che non ci possiamo fare niente e soffrirne insieme, a guardarci attorno, a cercare alternative, ad individuare realtà in cui le cose funzionano (perchè CI SONO realtà in cui le cose vanno diversamente), in cui la ‘mission’ non è l’arricchimento di pochi ma il benessere di tutte le persone coinvolte, dei lavoratori come dei fruitori del lavoro fatto.
In fondo tutti noi, con il nostro lavoro, partecipiamo alla politica del nostro paese, rimane la grossa domanda: in che direzione remiamo?