Quella che segue è una breve scheda riassuntiva di ciò che si intende per BILANCIO PARTECIPATIVO.
La sintesi, pur nella sua inevitabile limitatezza, vuole offrire lo spunto di un approfondimento per tutti coloro che vorranno conoscere più da vicino una delle tante soluzioni di democrazia partecipativa che, in forme e ambiti differenti, sta crescendo a livello mondiale rivelandosi in tutta la sua efficacia politica e sociologica.
Negli ultimi decenni, forse a causa della crescente escalation di “scandali politici” o delle disattese promesse illusorie lanciate in improbabili campagne elettorali, si è statisticamente registrata un’ampia e radicata disaffezione dei cittadini nei confronti delle Istituzioni ed in particolar modo nella cosiddetta politica “di Palazzo”.
Quella della partecipazione è, probabilmente, la miglior strada possibile da percorrere per cercare di ricostruire il rapporto tra cittadini ed Ente. Attraverso questa pratica, che consente alla popolazione di partecipare attivamente al processo democratico, i singoli cittadini diventano attori che propongono e creano politiche pubbliche e decisioni di governo rilevanti per il futuro della città in cui vivono e lavorano.
Il bilancio partecipativo si realizza attraverso assemblee e incontri aperti (ad esempio “assemblee di quartiere”) in cui la popolazione decide dove e come investire una percentuale (definita da Statuto) delle risorse Comunali. In questo modo è possibile dare concretezza e visibilità di risultati alle proposte e alle indicazioni della cittadinanza, dare risposte efficaci che vadano ad incidere sui bisogni reali della società e stimolare processi che aumentino l’entusiasmo e la partecipazione alla vita politica cittadina.
Non si tratta di una semplice dilatazione del meccanismo di consultazione popolare, del resto già previsto e praticato in varie forme dagli enti locali più attenti alle esigenze dei cittadini; piuttosto, di un intervento diretto all’inversione del senso dei meccanismi decisionali.
Certo, la Partecipazione non si realizza semplicemente con la mera modifica dello Statuto Comunale, né è pensabile che una comunità non abituata a “sentirsi protagonista”, colga immediatamente l’enorme occasione datale.
La Partecipazione va costruita nel tempo attraverso una specifica funzione di “educazione alla partecipazione”, che come primo obiettivo dovrebbe avere lo stimolo all’emersione del bisogno, e come effetto conseguente la progressiva assunzione di consapevolezza del cittadino: parte attiva di un processo decisionale che nasce dal basso.
Parafrasando Gaber: “libertà è partecipazione”